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dott.ssa Nunzia Porto
"L'obbligo di diligenza nella prestazione notarile"


Relatore: Ch.mo Prof. Carmine Donisi

Il presente studio nasce dal dibattito, acuitosi in tempi recenti, circa la “necessità” di demandare al notariato latino l’esercizio di un munus publicum. Esso trae origine da motivi a carattere “comparatistico”, nonché di tipo “gius-economico”, ed, in particolare, dall’affermarsi nel mondo anglosassone delle grandi law firm e delle compagnie di assicurazione aventi la pretesa di fornire la globalità di servizi giuridici.
Ciò premesso, scopo del presente scritto è quello di sottolineare l’“efficienza” e la “compatibilità” della funzione notarile, ove correttamente esercitata, con le esigenze di una economia aperta sulla base di un’attenta disamina, altresì in chiave comparatistica, dell’obbligo di diligenza nel diritto delle obbligazioni in generale (primo capitolo), e nella prestazione notarile in particolare (secondo capitolo), nonché della relativa casistica giurisprudenziale (terzo capitolo).
Posto che nel nostro codice civile la diligenza è frequentemente richiamata, ma non definita, e che la diligenza presa in considerazione riguarda la prestazione-comportamento cui è tenuto un soggetto (nel caso di specie, il notaio) nei riguardi di altri, non può negarsi che nel nostro ordinamento l’art. 1176 c.c. ricopra un ruolo di norma cardine. Se il richiamo alla diligenza del buon padre di famiglia, ivi contenuto al comma 1, deve giustificarsi, come sottolineato anche dalla giurisprudenza, più che con riferimento alla figura dell’“uomo medio”, inteso come “medietà statistica”, con riguardo alla figura di operatore, rapportata all’ambiente economico-sociale, risponde al comune sentire che, con il richiamo alla “natura dell’attività esercitata”, contenuto nel comma 2 dell’art. 1176 c.c., il legislatore abbia inteso pervenire ad un massimo grado di oggettivazione dell’agire diligente, identificandolo con il rispetto e l’osservanza di quel complesso di norme e/o di regole tecniche che caratterizzano l’esecuzione di una prestazione professionale, fermo restando, in entrambe le ipotesi, la funzione di controllo esercitata dalla diligenza sull’attività debitoria e che i due distinti aspetti della diligenza sono cumulativi e non alternativi.
La formulazione della diligenza quale dovere ha avuto, poi, la sua teorizzazione più convincente in quell’orientamento, oggi in crisi, tendente a classificare le obbligazioni in due grandi categorie: “obbligazioni di mezzi” ed “obbligazioni di risultato”. In particolare, con riguardo alla prestazione d’opera intellettuale, quale è quella notarile, la giurisprudenza ha fatto propria, in linea generale, questa bipartizione, affermando che l’obbligazione che un libero professionista assume, per effetto dell’incarico conferitogli, avrebbe per contenuto lo svolgimento dell’attività professionale necessaria o utile in relazione al caso concreto e in vista del risultato che, attraverso il mezzo tecnico professionale, il cliente spera di conseguire, giungendo così a sostenere che dovere del libero professionista è quello di svolgere l’attività professionale necessaria e utile in relazione al caso concreto e di svolgerla con la necessaria ed adeguata diligenza. Di conseguenza, l’inadempimento del professionista alla propria obbligazione non potrebbe essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma dovrebbe essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza professionale di cui all’art.1176, comma 2 c.c.. Tuttavia, la Corte di Cassazione non ha mancato di evidenziare i limiti della ricostruzione della prestazione notarile in termini di obbligazioni di mezzi, precisando che, nell’adempimento delle obbligazioni inerenti l’esercizio dell’attività del notaio, questi è tenuto ad una prestazione la quale non può ritenersi circoscritta al compito di mero accertamento della volontà delle parti e di direzione della compilazione dell’atto, estendendosi, per converso, a tutte quelle ulteriori attività, preparatorie e successive, funzionali ad assicurare serietà e certezza del rogito, non meno che il risultato pratico del negozio voluto dalle parti, con la conseguenza che l’inosservanza di tali obblighi dà luogo a responsabilità ex contractu per inadempimento della obbligazione di prestazione d’opera intellettuale, a nulla rilevando che la legge professionale non contenga alcun specifico riferimento a tali attività.
Altro punto fortemente dibattuto dalla dottrina e non ancora definito dalla giurisprudenza, come testimoniato dalla ampia e, tuttavia, non concorde casistica riportata nel terzo capitolo, attiene alla qualificazione della natura, contrattuale o extracontrattuale, della responsabilità notarile. In proposito, più convincente è la tesi “intermedia”, condivisa dalla Suprema Corte, secondo la quale la responsabilità del notaio ha natura contrattuale nei confronti delle parti ed extracontrattuale nei confronti dei terzi estranei all’atto ma che da questo abbiano risentito un danno che sia conseguenza immediata e diretta della violazione della norma di legge da parte del pubblico ufficiale.
Da ultimo, è parso doveroso soffermarsi sulla responsabilità disciplinare notarile, ed in particolar modo sul ruolo fondamentale delle neo istituite Commissioni amministrative regionali di disciplina (c.d. Co.Re.Di), al fine di avvalorare ulteriormente che il notariato è “ (…) un’élite professionale, selezionata, controllata, colta ed incorruttibile, dotata di alti standard qualitativi, (…), capace di svolgere in modo comparativamente efficiente qualsiasi compito di tutela dei diritti e della legalità, offrendo quindi un pubblico servizio di inestimabile valore” (U. Mattei).
Il lavoro è stato condotto sulla scorta di ampia bibliografia e casistica giurisprudenziale.

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