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dott. Umberto Gammieri
"La responsabilità della banca per danni ai clienti"
Relatore: Ch.mo Prof. Carmine Donisi Donisi
Nel corso della trattazione, si è cercato di fornire un quadro quanto più esaustivo possibile circa le principali problematiche inerenti al delicatissimo tema della responsabilità degli istituti bancari per i danni cagionati ai propri clienti.
Un ruolo determinante nell’economia dell’analisi svolta è stato rivestito dall’esame dell’evoluzione della concezione dell’attività bancaria, la quale, dopo un lungo iter, si è finalmente affermata come attività imprenditoriale al pari delle altre.
Questo ha avuto significativi riflessi circa l’area entro cui la banca può essere chiamata a rispondere per i danni cagionati alla clientela: difatti, il passaggio dal concetto di “funzione bancaria” a quello di “attività d’impresa” ha operato un decisivo mutamento di prospettiva, privilegiando soluzioni basate sull’equo contemperamento degli interessi che, nel singolo rapporto con il cliente, vengono in luce. Il legislatore, da questo punto di vista, si è mosso espressamente nel senso dell’eliminazione del collegamento normativo tra la banca e le funzioni di interesse generale, valorizzando una concezione dell’attività bancaria come attività privata, esplicazione della libertà di iniziativa sancita dall’art. 41 della Costituzione. Da qui è discesa la piena applicabilità nei confronti degli istituti di credito dei principi in tema di responsabilità civile, che hanno portato verso un progressivo ampliamento della tutela del cliente, sia in ambito contrattuale che in quello aquiliano.
Il richiamo alle disposizioni contenute all’interno del tessuto codicistico ha consentito, altresì, di delineare in maniera più puntuale i rapporti intercorrenti tra teoria degli status e danni riconducibili alla banca: il riferimento allo status bancario, difatti, lungi dal configurare un’autonoma fonte di responsabilità, può comunque essere considerato come un utile paradigma per una precisa individuazione degli obblighi gravanti in capo all’istituto di credito. In questo senso, lo status è presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 1176, 2° co., c.c., che ha rappresentato il vero e proprio “filo conduttore” dell’esame svolto: la banca deve operare con la diligenza dell’operatore economico qualificato e questo conduce inevitabilmente ad affermare la necessità di un maggior rigore nell’adempimento delle obbligazioni assunte. È in base a questo che si giustifica anche l’attribuzione ad essa della responsabilità per il fatto commesso dal dipendente, come conseguenza dell’attività di organizzazione di mezzi e persone di cui necessita l’attività imprenditoriale.
Le osservazioni effettuate hanno consentito di affrontare con maggiore accuratezza anche la problematica delle clausole limitative della responsabilità della banca, evidenziando il profondo ripensamento in atto da parte della dottrina e della giurisprudenza, volto ad assicurare un più corretto equilibrio nella distribuzione dei rischi tra i contraenti. Si è avuto modo, in particolare, di rilevare l’importanza dell’influsso della normativa comunitaria, la quale, ponendo le basi per l’inserzione del Capo XIV-bis nel codice civile, ha effettuato un significativo intervento per attribuire al consumatore più ampi margini di tutela. Tale quadro è stato integrato dalle disposizioni relative al rapporto tra banca e cliente contenute all’interno del Testo Unico Bancario, che costituisce un fondamentale punto di partenza per la valorizzazione degli obblighi di trasparenza che l’istituto bancario deve rispettare.
Tali riflessioni introduttive state, quindi, applicate alle singole fattispecie in cui il cliente si rapporta alla banca. L’elencazione di queste ultime si è rivelata puramente esemplificativa, anche alla luce del processo di progressiva diversificazione dei servizi offerti da parte degli istituti di credito. Tuttavia, la metodologia adottata, che ha comportato la suddivisione in sezioni del secondo capitolo, ha nondimeno mirato a cogliere i dati comuni alle varie problematiche, isolando gli obblighi a cui la banca è, di volta in volta, tenuta e specificando gli elementi che consentono una trattazione contestuale di fattispecie anche diverse tra loro.
Nell’ambito dell’esame di tali fattispecie, si è rilevato come la giurisprudenza e la dottrina siano pervenute a conclusioni estremamente eterogenee; tuttavia, emerge con chiarezza che gli spazi entro i quali in precedenza si accordava una sorta di “immunità” alla banca si sono progressivamente ristretti, comportando una costante tendenza al riequilibrio delle posizioni dei contraenti.
La necessità di una più incisiva tutela dei soggetti che entrano in contatto con la banca si evidenzia in misura maggiore in relazione a taluni ambiti, tra i quali emerge sicuramente quello dell’intermediazione finanziaria. La riflessione circa le questioni inerenti a questo aspetto specifico hanno trovato largo spazio sia nella parte finale del secondo capitolo che in quello conclusivo (dedicato anche ai possibili mezzi di risoluzione delle controversie alternativi al processo civile), in quanto la drammatica attualità delle vicende attinenti ai danni subiti dai risparmiatori per aver confidato nelle informazioni ricevute dalle banche ha imposto una particolare attenzione verso il problema.
Si è avuto modo di evidenziare come gli interventi da effettuare coinvolgano necessariamente settori diversi, da quello giurisprudenziale a quello dell’autoregolamentazione, fino ad arrivare all’ambito normativo. Si è dimostrato, quindi, di particolare interesse l’esame delle prospettive e delle tendenze di fondo che connotano i vari progetti di riforma, come punto di riferimento per instaurare un proficuo dibattito circa gli interventi da effettuare al fine di assicurare una maggiore tutela per chi investe i propri risparmi fidando nella correttezza e nella diligenza dell’istituto di credito.
Il lavoro è stato condotto sulla scorta di ampia bibliografia.
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