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dott. Giuseppe Maria Miceli
"Il mandato a donare"

Relatore Ch.mo Prof. Carmine Donisi

La dissertazione, dedicata al mandato a donare, si articola in quattro capitoli nel primo dei quali viene delineato il contesto storico in cui la figura in parola è stata elaborata.
I riferimenti storici sono resi necessari dalla considerazione che l’art.778cc. costituisce la risposta del legislatore del 1942 al quesito sorto dal silenzio della legge precedente, circa una qualsiasi previsione di mandato nelle donazioni.
I tre commi di cui si compone lo stesso articolo sono, infatti, nuovi rispetto al codice civile del 1865 e certamente riflettono i suggerimenti, de iure condendo, di un antico dibattito dottrinale riguardo alla nullità del mandato a donare privo della designazione del donatario e della specificazione dell’oggetto della donazione.In questa prospettiva vengono analizzate le posizioni della dottrina e della giurisprudenza che, senza dubbio, influirono alla strutturazione dell’articolo in commento.
Successivamente l’attenzione viene polarizzata sull’esegesi dell’art.778 del vigente codice civile.
Poiché l’obbiettivo principale della ricerca consiste nel tentativo di risolvere il problema della compatibilità dell’istituto dell’interposizione di persona con lo schema contrattuale donativo, l’indagine è condotta sulla scorta dei principi che regolano la rappresentanza volontaria e dei contrapposti orientamenti in ordine alla definizione positiva della donazione.
L’analisi è articolata in due direzioni: l’una rivolta ad accertare quale sia il reale significato attribuito dalla dottrina all’animus donandi, l’altra volta a realizzare un tentativo di comparazione e differenziazione con gli articoli 631 e 632cc.
Per quanto riguarda il primo aspetto, si è rilevato l’ondeggiare della dottrina tra una impostazione oggettivistica ed una subiettiva dello spirito di liberalità .
Propendere per l’una o per l’altra definizione di animus donandi potrebbe valere ad interpretare in modo diverso l’art.778cc, ed ammettere, partendo da una interpretazione oggettivistica del fenomeno, un mandato a donare concepito in termini generali.
Le Corti di merito hanno continuato ad interpretare l’articolo in parola sulla base di una definizione che pone come elemento essenziale e caratterizzante l’animus donandi in senso soggettivo.
Conseguentemente, secondo le ragioni ispiratrici dell’art.778cc, la violazione dei limiti imposti dalla norma determinerebbe sia la nullità della procura che della donazione.
L’orientamento appena accennato non è stato da noi ritenuto condivisibile poiché in contrasto con le ragioni ispiratrici della norma ( come si desume dalla relazione al Re) e sulla base di un attento esame della peraltro scarsissima giurisprudenza in tema di mandato a donare.
In questa fase dell’indagine, dopo aver ricostruito la ratio della nullità del mandato a donare, sancita nel primo comma del citato art.778cc, si provvede a qualificare le ipotesi delineate nei commi successivi, tradizionalmente ricondotti all’istituto dell’arbitraggio, come un ipotesi di sostituzione nell’attività giuridicamente rilevante del donante, di guisa che il ricorso alla disciplina del mandato si presenta possibile, sia pure nei limiti delle peculiarità della donazione.
Si è poi approfondito il tema degli atti personalissimi, ed in particolare della donazione con riguardo al mandato in nome proprio. In proposito, si è condivisa la tesi di chi ha sostenuto che il divieto di sostituzione stabilito dalla legge per la rappresentanza, non debba valere senz’altro anche per il mandato in nome proprio.
Infatti, alla base di questo ragionamento c’è l’idea che il mandato a donare possa essere ricompreso nel più ampio paradigma del mandato ad alienare.
Pur non essendoci sfuggite le gravi difficoltà ricostruttive alle quali dà origine l’ipotesi dell’alienazione a terzi per mezzo di mandatario che agisce in nome proprio, e quelle ulteriori che potrebbero derivare dall’applicazione delle diverse soluzioni allo schema della donazione, ci è apparsa coerente la tesi della validità del mandato senza rappresentanza a donare.Quest’ultimo appartiene, sotto il profilo formale, al mandatario stesso e, salva l’operatività nel singolo caso di norme materiali, il negozio, pur personalissimo per il mandante, può formare oggetto di valido mandato in nome proprio.
L’ultimo capitolo della dissertazione è dedicato alla forma del mandato a donare ove, necessariamente, l’indagine si estende al più ampio e tuttora vivace dibattito inerente alla forma del contratto di mandato con e senza rappresentanza.In proposito si è sostenuto che, a differenza della procura a donare, il mandato senza rappresentanza a donare non sia sottoposto agli oneri formali di cui all’art.782cc poiché non assume la causa della donazione, ma conserva quella gestoria.

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