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dott. Pietro Marzano
"Il Trust nel Diritto civile italiano"

Relatore Ch.mo Prof. Carmine Donisi

Fino a pochi anni addietro il trust rappresentava, per il giurista di “civil law”, un mistero giuridico. Ciò ha ingenerato diffidenza verso tutti gli studi che cercassero di analizzarne le caratteristiche, al fine di comprenderne la natura.
Il tentativo è sempre stato condotto con gli strumenti e il bagaglio culturale del civilista.
Accingendosi ad analizzare il trust al fine di proporne l’introduzione nel nostro sistema, ci si imbatte in un duplice ordine di ostacoli, il pregiudizio avverso gli strumenti fiduciari, intesi come mezzi giuridici aventi finalità “elusive”, ed inoltre la pretesa di ritenere il trust contrario ai principi dell’ordinamento giuridico, soprattutto il principio di “tipicità dei diritti reali”.
L’ approccio di questo lavoro parte da tale consapevolezza, e sin dai primi paragrafi si cerca di comprendere il trust analizzandone la natura giuridica e le modalità perfezionative nel suo proprio ordinamento di origine, cioè il diritto anglosassone.
Questa analisi conduce ad un primo interessante approdo della ricerca; la posizione giuridica del beneficiario del trust, nello stesso ordinamento di origine, non può essere ricompresa in quella del titolare di un diritto di proprietà pieno ed esclusivo.
L’ulteriore approdo della prima fase della ricerca è rappresentato dalla conferma dell’origine “equitativa” del trust, nonché, per conseguenza, l’acquisita consapevolezza che il solo “trustee”
può definirsi titolare del diritto di proprietà sui beni in trust.
Ciò rende necessaria l’analisi dello “stato della dottrina” italiana in ordine ai rapporti fiduciari.
In relazione a questi ultimi, la ricerca consente di evidenziare alcune carenze del nostro sistema, a partire dagli strumenti per rendere conoscibile ai terzi le situazioni fiduciarie, sino al rilievo dell’inesistenza di uno strumento di tutela per i casi di “infedeltà” del fiduciario.
Il punto centrale della ricerca è l’analisi della posizione giuridica del beneficiario; infatti non è più sostenibile che il trust violi il principio del “numero chiuso dei diritti reali”, qualora sia compiutamente dimostrato che il beneficiario non è titolare di un diritto di proprietà.
Questa fase della ricerca approda alla conclusione che la posizione giuridica del beneficiario è qualificabile quale “aspettativa tutelata” a ricevere i beni in trust.
L’inesistenza di elementi di contrarietà all’ordine pubblico conduce a ritenere certamente applicabili in Italia i “trust” stranieri, segnatamente per il tramite della convenzione dell’Aja del primo Luglio 1985, ratificata dal nostro parlamento con la legge 364/89.
Si rende necessaria, alla luce di tali interventi normativi, un’analisi dei singoli specifici problemi che l’introduzione di una disciplina uniforme dei criteri di collegamento di diritto internazionale privato provoca in un sistema comunque refrattario alla struttura in esame.
Le conclusioni della ricerca si dividono in due parti.
L’indagine condotta pone quale primo interrogativo la possibilità di introdurre nel nostro ordinamento un “trust” cosiddetto interno, quindi formato da un “disponente” italiano, in favore di un beneficiario italiano e per il tramite di un trustee italiano; in altre parole senza alcun carattere di estraneità, se non per effetto del richiamo di una legge straniera, quale strumento messo a disposizione dalla Convenzione dell’Aja.
Tale ipotesi, che appare realizzabile, impone di ricercare uno strumento di tutela del beneficiario nei confronti del trustee infedele.
La ricerca di un tale strumento ha reso necessaria l’indagine in relazione ai rapporti tra mandante e mandatario, con specifico riguardo agli art. 1705 e 1706, c.c., rendendo chiaro che la vittima di un atteggiamento fraudolento, anche nel nostro sistema giuridico, fruisce di specifici strumenti di tutela nell’ambito di assetti patrimoniali lato sensu fiduciari.
Infine si impone una ricerca delle eventuali applicazioni pratiche al fine di individuare l’area operativa nella quale maggiore funzione potrebbe svolgere il trust in Italia.
Si è mostrato che l’istituto in esame può essere utilizzato nella fase della sistemazione patrimoniale a causa di morte; nel campo del diritto familiare, come strumento alternativo al fondo patrimoniale; infine nel campo del diritto commerciale, al fine di approntare un strumento più agile e sicuro per la stipulazione di patti parasociali quali i “sindacati di voto” oppure i “sindacati di blocco”.

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